L’uomo col cane, di Alfredo Tocchi

L'uomo col cane, di Alfredo Tocchi

L’uomo col cane. Sono l’uomo col cane. Non ci conosciamo, ma ci siamo parlati. Qualche volta ci incontriamo la mattina, io col cane, tu con la bimba. Questa mattina ho passeggiato avanti e indietro, sperando di vederti, sperando di vedervi. Non sapevo chi fossi e già ti osservavo, vi osservavo. Scrivo e quindi osservo. Poi ho domandato di te, in questa via strana, dove tutti sanno tutto di tutti, e ho saputo qualcosa. Ti ho consegnato un invito alla presentazione del mio romanzo “Tra un anno sarò felice.” No, non venire, non me ne importa nulla. Te l’ho consegnato per dirti che ti vorrei conoscere. E ti ho scritto di telefonarmi – e non l’hai fatto. Così questa mattina ho voluto chiedertelo: “mi telefonerà?” Ti ho dato del lei, certo. Non ci conosciamo. Hai avuto paura. Mi hai visto e sei fuggita via. Hai risposto: “non lo so”, ma era un no. Forse hai domandato di me. E hai saputo qualcosa. È strano: io spavento. Ma spavento chi mi conosce, non chi non mi conosce. E tu non mi conosci. No, non sono stato io a spaventarti. È stato qualcun altro, qualcos’altro. E ora hai paura di telefonarmi. E io non potrò conoscerti. Poca cosa, puoi pensare. Sbagliandoti. C’è qualcosa di simbolico e di perfetto nei nostri incontri. Un uomo, un cane, una donna, una bambina. Fai la somma: una famiglia. Ti diranno che sono un pazzo, penserai che sono un pazzo. Eppure ogni volta che ti vedo, che vi vedo, penso a quello che ho perso: mia moglie e mia figlia. “Ho avuto una vita normale e sono fuggito”, scrivo nel mio romanzo. Poi subito aggiungo: “Ma in fondo, cosa significa? Qualcuno forse sa cosa sia una vita normale?.” Ma lo scrivo per farmi coraggio. Io so cosa sia una vita normale. Io so cosa sia una vita felice. E ora vivo solo con un cane e ho nostalgia di quella felicità. Ma io spavento. Io ho perso quasi tutto e lasciato quel poco che mi era rimasto. Mi sono risvegliato dal coma e avevo perso il mio posto nel mondo. Ho perso il mio posto nel mondo, ma sono vivo. E ho capito che nonostante tutte le sofferenze che possiamo patire, amando saremo felici. Amando una donna (o un uomo), non una figlia (ne ho una anch’io, quindi lo so). L’amore per mia figlia mi ha tenuto vivo, ma non riesce a rendermi di nuovo felice. La felicità è in quella somma: un uomo, un cane, una donna, una bambina. Ognuno reagisce davanti al dolore come può: io sono un duro e ho persino riso, riso in punto di morte (non pensavo certo di risvegliarmi). Ridere è una reazione contro l’orrore del mondo, contro la paura. Ma le vere reazioni “umane” sono l’amore e la compassione. Tu soffri, è chiaro. E hai paura, almeno di me. Ed è strano, non soltanto perché non mi conosci, ma perché non ti domando null’altro che conoscerti. Sono l’uomo col cane, cerco una donna e una bambina. Tu sei la donna con la bambina, devi cercare un uomo col cane. Senza cane no: chi non ama gli animali non amerà neanche te. Sono a cento metri da te, in questa via dove nessuno si fa gli affari suoi. Non ti domando di andare al bar insieme, ti domando di telefonarmi. Per favore. Giulio.

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